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Partire in macchina in due

31 gennaio 2011

Partire in macchina in due, alternarsi alla guida e chiacchierare. Abbiamo ascoltato la radio, ascoltato gli aggiornamenti del meteo e anche la musica che la funzione shuffle dell'Ipod mandava. Abbiamo attraversato l'Appenino dalla Romagna verso l'Umbria, cercando nel bianco della neve, nel grigio delle nuvole basse e nel buio della notte luci e profili di un paesaggio così diverso dalle nostre montagne.

Poi una giornata intera di coccole ad una bimba bella, nuova e profumata e alla sua mamma. Con i nostri pensierini fatti a mano, le nostre carezze e le fotografie per portarci un po' di quella gioia anche a casa.

E siamo riuscite anche ad infilare un giretto a Perugia. E una visita alla Galleria Nazionale dell'Umbria (qui) con tutto quel Perugino dolce e dal segno netto e distinto, dai colori vivaci e luminosi ma allo stesso tempo mischiati ad una sorta di nebbia che pervade le tele. E un caffè nella pasticceria per eccellenza di Corso Vannucci (Sandri, qui), dove abbiamo dovuto farci forza per non sbafarci una quantità di paste e pastine che non finisce più. E un pranzo in un'osteria con i soli prodotti umbri (Osteria A priori), un lardo che si scioglieva in bocca e una torta ai fichi caramellati che ci siamo divise per gola.

Oggi siamo ripartite presto e tornate a casa. Riattraversando di giorno i colli dell'Umbria, vedendo sotto il sole e sotto tutta un'altra luce quegli stessi profili che nella notte si intuivano solamente e continuando a chiacchierare.

Sono stati due giorni diversi, bellissimi per il motivo per cui li abbiamo fatti, ma anche per quello che sono stati. E io e mia mamma ci siamo fatte una mini-vacanzina a due, che erano anni che non ci regalavamo.

Giovedì sera ho visto un documentario che mi ha trasmesso una maniera originale e particolare, nel senso buono dei due termini, di ricordare. "Auschwitz is my teacher" è un documentario di Katia Bernardi promosso dalla Provincia di Trento in cui si racconta il viaggio ad Auschwitz di una settimana di un gruppo di ragazzi da tutto il mondo (tra cui anche due trentini, ed ecco il perchè della realizzazione di questo film), insieme ad un gruppo di peacemaker.
Il documentario, che è stato proiettato in occasione del giorno della memoria, ha alcuni elementi veramente belli e, come ho appunto detto, particolari. Certo il viaggio di questi ragazzi è stato organizzato per far loro elaborare e sentire in modo proprio e personale il concetto di memoria, ma è stato anche un'occasione per far vivere insieme un gruppo di ragazzi fra loro molto diversi in un luogo che ha acuito, e nello stesso tempo annullato, le differenze tra chi era là. E questo era uno degli obiettivi degli organizzatori, perchè solo la condivisione e la vita comune tra persone diverse, coltivata fin dall'adolescenza può portare alla consapevolezza del 'tutti siamo uguali e tutti siamo diversi' che serve a tenere lontani fatti come quelli della storia europea del secolo scorso. E tra i giovani del documentario c'è chi ha vissuto Auschwitz come il luogo dove sono morti i suoi antenati, chi l'ha vissuto come l'inizio di un nuovo ruolo per sè, il ruolo di testimone di quanto accaduto, e chi l'ha vissuto per capire meglio e approfondire quanto studiato a scuola.
Ma sono altri due gli elementi che più mi sono piaciuti, e che non sono così facili da trovare quando si parla di giorno della memoria. Da una parte nell'ora e mezzo del film c'è  la capacità di vivere Auschwitz come testimonianza e come baluardo contro la sofferenza in toto, come un simbolo che va oltre il fatto storico dell'Olocausto, per quanto disumano e crudele esso sia stato, che vuole erigersi a monumento contro la sofferenza. In questi giorni ho letti alcuni blog che ampliavano il concetto di giorno della memoria, ampliando i fatti storici e le tragedie umane di cui è necessario avere memoria, e con un bell'intrecciarsi di sentire e di pareri anche questo documentario si è allineato a questo: quindi Auschwitz come simbolo totale, in grado di fare da baluardo della memoria di tutte le sofferenze perpetuate nel tempo dall'uomo contro l'uomo. Dall'altra, e questo è il secondo elemento veramente originale, quanto non scontato, che mi è piaciuto di questo documentario: un gruppo di giovani che stanno insieme per una settimana producono gioia, sentimenti positivi, freschezza e
risate e questo gruppo, anche se in maniera proporzionata al luogo in cui si trovava, è stato in grado di rimanere tale. Come uno dei ragazzi italiani ha esplicitamente detto, lui si aspettava di piangere in un posto così carico di sofferenza, ed invece si è trovato a sorridere con i suoi compagni di viaggio e forse, in un luogo quale è Auschwitz, sorridere è quasi più difficile che piangere. E così non sono stati cancellati gli scherzi, i sorrisi e le canzoni che ci sono stati in quella settimana e questo ha reso il documentario nuovo, più diretto e credo anche più vero.

E per fortuna ci siamo liberati anche di gennaio, che io non amo troppo. Considerando che febbraio è corto, sento già il momento, per me perfetto, in cui si gira la pagina del calendario e compare marzo, le giornate più lunghe, più sole e un pensiero vicino a quando il freddo finirà.
E proprio pensando a questo, passeggiando sul fiume con S. e il sole tiepido sulle spalle, abbiamo iniziato a parlare di vacanze. Che con quasi trenta giorni dell'anno alle spalle ,si può iniziare a parlarne.
E a me viene in mente il Portogallo, che immagino ventoso e caldo, con le cicale e il rumore dell'oceano e le città vive e fresche nella mattinata, con la gente in giro e i rumori degli autobus che si muovono e invece vuote nel sole estivo con rumori che vengono da lontano, al momento del riposo dopo pranzo. E mi viene in mente la Provenza, con i campi di lavanda e il profumo forte, con paesi e cittadine piccole, chiuse su se stesse dalle mura e dalla loro forma antica e circolare, e un lento giro in macchina in una paesaggio dolce. E mi viene in mente Parigi, che è ora di pensare al giretto di quest'anno, sul quando, quale stagione scegliere e come vederla. Magari da sola, magari in due. Magari mostrandola a qualcuno che te la fa sembrare più tua e allo stesso tempo nuova.
Vedremo, per il momento sono solo idee, ma con il sole fuori e la primavera sempre più vicina sono pensieri che fanno compagnia.

Da poco più di una settimana una delle mie più care amiche ha avuto una bimba. L'ultima volta che l'abbiamo vista (abitiamo a 5 ore di macchina di distanza) è stato prima di Natale, quando ci ha regalato qualche giorno a casa nostra con una super pancia che si muoveva e tanta tanta serenità. In quei giorni ho passato le sere a chiacchierare con lei con una mano ferma sulla pancia e a fare un singulto e un salto di sorpresa quando sentivo un movimento.
Ed ora A. c'è, è piccolina e mangia e stabene e mi intenerisco a pensarci, anche se non l'ho ancora vista. E produco bamboline e bavaglini con la macchina da cucire, mia mamma sferruzza copertine.
Ed è così bello vedere quante energie positive innesca un bambino. Le telefonate agli amici trentini di entrambe ad avvertirli, le chiamate nascoste con il neo papà per non disturbare la mamma, lettere e telegrammi per avvertire tutti quelli che sapevano e vogliono partecipare a questo momento felice.
E quindi prepariamo la nostra missione in Umbria. Da sabato a lunedì saremo le zie più contente del mondo, andiamo a spupazzarci mamma e bimba e ci regaliamo anche una vacanzina a due a Perugia che male non fa.

Ecco la mia prima produzione con la macchina da cucire, produzione piccola e scherzosa! Il pacchetto è stato consegnato e quindi non c’è più il rischio di rovinare la sorpresa.

Si tratta di una mascherina per il viaggio per l’amico che parte per il Giappone, di cui ho detto ieri. Dopo qualche tentennamento e idea più o meno fantasiosa, abbiamo optato per una scritta che è solo il nome del destinatario, dovutamente tradotto in giapponese grazie ai suoi consigli (Stefi controlla che se ci sono scritte cavolate siamo sempre in tempo a dirgli di non usarla!). La stringa è di cotone che cimentarmi con l’elastico al primo colpo non mi sembrava il caso, di sicuro non sarà la cosa più utile del mondo, ma così può portare con sè qualcosa di piccolo, che i problemi di bagaglio ci sono sempre, di fatto ad hoc per questo viaggio e per lui e che gli ricorda gli amici che son qui.

Domenica tranquilla

23 gennaio 2011

Domenica tranquilla questa, e non è stata la prima. Finalmente dopo i giorni sballati di inizio anno abbiamo ripreso il ritmo delle domeniche in casa, spesso in cucina, con la pizza che è ormai un'abitudine della domenica sera. E già che si accende il forno, si fanno anche una torta e un pezzo di pane da mangiare a fette in settimana, scongelandone di volta in volta il necessario.

Un film o la puntata di una serie, una passeggiata e magari anche un giretto in libreria, che la domenica, unico negozio aperto in tutta la città, rimane lì ad aspettarti. E in borsa sono finiti "Io sono un gatto" di Natsume Soseki, che un amico parte per il Giappone giovedì e mi sembrava bello cominciare in contemporanea un libro ambientato proprio là, "Roger Federer come esperienza religiosa" di Foster Wallace che non era per me e un libro per un'amica che forse legge qui e dunque nessun dettaglio in più.

Oggi in una breve passeggiata vicino a casa siamo anche riusciti a visitare una piccola mostra che descrive il nascere di una delle vie centrali di Trento, via Verdi, all'inizio del Novecento, con la distruzione di una parte della Trento medievale rimasta solo in qualche fotografia. La via è quella dell'università di sociologia, la storica socio, del palazzo della filarmonica e anche di una delle biblioteche in cui lavoro. Una mostra anche divertente, con la wii che ti faceva percorrere via Verdi e scoprirne gli edifici (wii che io non so usare, la mia conclusione è che io sono per ferri e macchina da cucire, non per la wii) e con un finto compito di storia dove, toccando con una matita la risposta esatta, partiva una breve proiezione che dava qualche curiosità in più sugli oggetti, le persone e le date di quegli anni.

Un giorno sereno in cui si accumulano energie per la settimana.

Sto leggendo molto! Non troppi giorni fa mi lamentavo che l'anno scorso, rispetto al precedente, era stato più scarso di libri. Beh, nemmeno a volerlo, questo gennaio si dimostra molto produttivo e vario e, per il momento sono molto soddisfatta. Un'infilata di libri fra loro molto diversi, ma belli, interessanti e punto di partenza per riflessioni e ricordi diversi.

Pensando al libro in generale, oggi, guardo alle frasi di G. che arrivano sempre belle e nei momenti migliori e, da bibliotecaria, mi vengono due parole sull'elenco dei libri proibiti che l'assessore provinciale alla cultura di Venezia ha chiesto di eliminare dalle biblioteche, seguito poi dall’assessore regionale veneto. I libri sono quelli di alcuni autori che nel 2004 firmarono una dichiarazione relativa al caso Battisti, tornato alle cronache in queste ultime settimane. Non entro nel merito politico delle dichiarazioni e del resto non voglio conoscere nel dettaglio  la vicenda, per quanto riguarda il lato politico appunto ma anche di contenuto (cioè quanto riguarda la dichiarazione su Battisti), ma da bibliotecaria e anche genericamente da lettrice, il mio discorso è più generale.

In una biblioteca ci sono tanti libri, senza dubbio la maggior parte, che non mi interessano, non mi piacciono, non considero per me degni di essere letti.  Ma in quel per me sta la chiave di volta, la biblioteca non è per me, ma per la comunità in cui vivo. Non avviene una selezione in base ad un gusto, un desiderio o un parere e men che meno sulla base di una posizione politica. In biblioteca ci sono testi di indubbia se non scarsa qualità, così come ci sono testi che non possono essere definiti "buoni" (abbiamo il Mein Kampft per capirsi). Il concetto è che la biblioteca è si una raccolta, ma lo è al più possibile a 360°, con non solo lo scopo di invito alla lettura ma anche di conservazione e documentazione. E quindi fare una scelta arbitraria sulla base di una qualsiasi delle motivazioni che ho detto sopra non può che essere un errore. Vorrebbe dire documentare o conservare in modo lacunoso e quindi non scientifico e, secondo me, nemmeno onesto.

E infine, e soprattutto, c'è la volontà del lettore e la fiducia in lui. Il lettore con le sue peculiarità farà una cernita e leggerà quello che vuole all'interno di una biblioteca, magari sarà quello che gli piace, magari no. Ma lo deve poter trovare. Altrimenti la biblioteca diventa la libreria casalinga di uno, non lo spazio di lettura di tanti.

Ma tanto vi giuro che il bibliotecario che ha il contatto con il pubblico, quello al bancone come me, per capirsi, sulla acquisizione dei libri non ha nemmeno un grammo di influenza. Mi basta però che non ce l'abbiano anche gli assessori spara cavolate, che van di moda ora.

Ho finito oggi "Se niente importa" di Safran Foer. L'ho trovato molto equilibrato e, per un testo dedicato ad un tema su cui ad essere equilibrati non sono poi in molti, non è poco. Non è una difesa ad oltranza del vegetarianesimo, vuole piuttosto essere una presentazione il più razionale e documentata possibile della realtà dell'allevamento in America così come è oggi, dove intensivo è un aggettivo leggero per definirlo. Da noi è leggermente diverso, e l'ammette anche l'autore, la legislazione europea è più restrittiva e  ancora più diverso in generale qua in Trentino (parlo di questo, perchè lo so, ma ho sentito di situazioni analoghe in Umbria e in Emilia Romagna perchè lì ho amici con cui ho parlato di questo) dove le fattorie a gestione familiare, così come il contadino che produce uova  ancora ci sono. E dove è possibile, per chi ha un po' di attenzione, avere un contatto diretto con un allevamento vecchio stampo, che pare invece essere quasi scomparso dal mondo statunitense.
In più devo dire che sembra rivolgersi ad un target di consumatori della carne anch'esso intensivo, probabilmente molto americano o che, almeno a me che mangio la carne una o due volte alla settimana e spesso quella dal contadino, risulta molto lontano.
Posso però anche ammettere che non solo fa molto pensare, ma fa anche pensare che tutti questi discorsi qua sopra siano delle scuse che mi auto-do per convincermi che il mio regime alimentare come è ora va bene.

Oggi ho fatto una passeggiata, per compensare la giornata al chiuso, bellissima, di ieri e per assaporare questa strana aria di primavera che già ci hanno detto non durerà.

Ieri è stata una giornata di pane, pizza e casa. Fuori c'era il sole ma è stato bello guardarlo da casa, entrava in casa dai vetri, aprivi le finestre e l'aria sapeva di primavera, ma avevamo bisogno di casa.
Oggi però non mi sono fatta scappare l'occasione, prima della neve pormessa per giovedì ci voleva una passeggiata, una specie di surrogato di attività (non oserei nemmeno pronunciare la parola sportiva) fatta per muoversi e fine a sè stessa. E così sul colmo del giorno ho ritagliato una mezz'ora e sono andata a fare una camminata, con le chiavi in tasca e l'Ipod nelle orecchie, nel quartiere e nelle strade in cui mi portava mia mamma con la carrozzina, dove ho imparato ad andare in bici e, nemmeno a farlo apposta, dove ho preso la patente.
Se regge il tempo lo rifarò, perchè è stato rilassante e divertente, ho scoperto delle case bellissime e una quantità di posti dove andrei a vivere anche solo per il sole che oggi li inondava.

La rivoluzione di questi giorni è quella del … sacco! O meglio del sacchetto.
Dal primo giorno di quest'anno i sacchetti di plastica sono diventati vietati (almeno lo è la loro vendita, possono regalarceli fino ad esaurimento scorte) e anche al supermercato si comincia a notare qualche differenza. Le buste di pezza sono di più, anche i sacchetti di alcune catene del low cost dell'abbigiliamento sono state sostituite da sacchetti in carta e in generale le borse in materB imperano.
Posto che vi sfido a riempire un sacchetto in materB ed arrivare poi a casa con la spesa esattamente dove l'avevate messa voi e non spiattellata lungo il percorso, io voto la stoffa. Sono un'amante dei sacchetti di pezza, come si chiamano a casa mia; ne ho in quantità, quasi sempre uno o due in borsa e tutte le maniglie di casa sono decorate (impestate?) da sacchetti e borse di varie misure e colori.
Sono più resistenti, anche più ecologiche perchè le si riusa all'inverosimile e poi sono anche più belle.
Quella che va per la maggiore da me è una borsa in tela nera, del canale televisivo arte (questo), regalatami da una mia amica tedesca che l'aveva ricevuto ad una prima ,organizzata a Monaco proprio da quel canale.
Son curiosa di sapere chi legge qui, che cosa usa.